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Cassiedream.
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Chiuse gli occhi ed abbandonò la testa nel finestrino, le dita che scorrevano lente sulla sua superficie creando dei disegnini piuttosto bizzarri ed il suo fratellino che continuava a fargli “Ciao, ciao” con la manina mentre l’altra era impegnata a stringere quella della sorella maggiore. Ne aprì uno e gli fece un sorrisino, scrivendo nel vetro un “Non piangere ometto, il fratellone tornerà il prima possibile.” E ridacchiando leggermente quando il diretto interessato chiuse la manina a pugno e gli alzò un pollice in segno di aver capito.
Annuì con il capo e sussultò quando il fischio del treno annunciò la partenza del mezzo.
Stirò le labbra in una linea sottile e si agitò nel posto, spostando la tendina cosi ché il sole non gli desse fastidio.
Aveva salutato i suoi genitori adottivi (Babbani) direttamente in casa che per via del lavoro non avevano potuto accompagnarlo alla stazione. Non gli importò più di tanto, sapeva che gli volevano bene e quindi non gliene faceva un torto. Quando il lavoro chiamava lui lo capiva, nonostante da piccolo facesse frequentemente i capricci.
Lanciò un occhiata al proprio baule riposto in un angoletto e si inumidì le labbra, lo afferrò e se lo mise davanti. Prese la bacchetta ed un pacco di tutti i gusti +1 che aveva comprato qualche minuto fa mettendosene una in bocca. Sperò solo che non fosse al gusto di vomito.
Afferrò lo specchietto e se lo mise davanti al viso, fece una smorfia e si spostò il ciuffo nero da davanti gli occhi. Non amava particolarmente il suo colore: erano verdi, verdi con leggere sfumature marroni, ma lui avrebbe preferito averli totalmente scuri, così sarebbe stato molto più simile ai suoi genitori.
Sbuffò, ripose l’oggetto nel baule e sprofondò nel sedile incrociando i piedi ad indiano. Il ragazzino seduto nel sedile di fronte al suo aveva iniziato a sonnecchiare.
Arricciò il naso sentendolo russare ed afferrò la propria giacca per poi lanciargliela addosso. Il poveretto sgranò gli occhi, si guardò intorno e poi scattò a sedere. L’occhiata di fuoco che ricevette gli fece sbattere le palpebre.
Alec inclinò la testa e lo salutò con un sorrisetto. <<Preferirei che tenessi la bocca cucita, grazie.>>
Il ragazzino lo fulminò con lo sguardo, voltò il capo dal lato opposto e chiuse di nuovo gli occhi.
Sarebbe stato un viaggio noioso.
La prima cosa che Alec pensò, quando mise piede ad Hogwarts, fu solo una: Gigante.
La scuola poteva essere scambiata benissimo per un labirinto, e lui non aveva la minima voglia di perdercisi.
Si guardò intorno e salutò con ironia una signora di un quadro. Si sarebbe abituato, lo sapeva.
Inumidì le labbra e guardò di sottecchi un gruppetto di ragazzini che ridevano, si davano spintoni e ridevano ancora. Arricciò di nuovo il naso, abitudine presa dal suo fratellino, e sussultò quando il suo compagno di treno gli diede una spallata. Inarcò un sopracciglio e lo guardò da capo a piedi. Dannazione, era più alto di lui!
<<Penso di aver iniziato col piede sbagliato.>> fece una smorfia e gli porse la mano.
Alec tenne ancora il sopracciglio inarcato.
<<Oh, ma andiamo! Ancora non è guerra! Ho tutto il tempo per recuperare.>> Il biondo tenne ancora la mano alzata e lui, seppur un tantino indeciso, l’afferrò.
<<Mi chiamo Edward Fail.>> disse, e rafforzò la presa.
<<Alexander.>> rispose.
<<Alexander come?>> chiese.
<<Alexander Colt. Ma chiamami Alec.>> ribadì e gli sorrise leggermente.
Il ragazzino annuì e portò una mano a scompigliarsi i capelli.
Seguirono la fila davanti a loro ed Alec gli lanciò il pacchettino di tutti i gusti +1, non li avrebbe mai più comprati… cavolo, aveva preso quella al gusto di broccolo! Che schifezza!
Sbatté le palpebre ed il gruppo si fermò davanti un enorme porta. Deglutì e si asciugò le mani sudaticce nella felpa. “Spera solo di rimanere vivo, Alexander, o ti ammazzo con le mie mani.”
Che pensiero idiota.
Affondò le mani nelle tasche e giocherellò con la sua bacchetta.
Deglutì per la seconda volta quando la porta si aprì.
Del suo Smistamento ricordò solo una cosa: l’impazienza.
Sapeva delle diverse case, Serpeverde, Grifondoro, Corvonero e Tassorosso e delle loro prerogative. Trovava stupide le avversità fra loro, ma di certo non l’avrebbe detto a nessuno.
Puntò gli occhi sul tavolo dei Serpeverde e fece un sorrisetto. Non si considerava un tipo molto coraggioso, ma amava definirsi un tipo piuttosto… ingenioso. Il fine giustifica i mezzi, no?
Quando l’insegnante chiamò il suo nome, Alec sembrava in procinto di andare al patibolo.
“Ti prego, fa che sia una buona casa…”SPOILER (clicca per visualizzare)III anno Serpeverde, Grifondoro, Corvonero, Tassorosso. -
Il Cappello Parlante.
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III anno
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